Gli studenti dell’ampliamento biomedico e dello scientifico-matematico hanno assistito alla rappresentazione teatrale di “HeLa ovvero l’immortalità di Henrietta Lacks”, attività di PCTO promossa dalla professoressa Sturniolo in collaborazione con le insegnanti del dipartimento scientifico in data 29 aprile.
In questo spettacolo, tenutosi al Cine Teatro Baretti, viene raccontata, attraverso varie riflessioni, la storia di una giovane donna sudamericana di nome Henrietta Lacks, che morì nel 1951 a causa di un tumore alla cervice dell’utero. Henrietta non ricevette le dovute attenzioni dai medici del Johns Hopkins hospital di Baltimora, i quali credevano ancora, durante la segregazione raziale, che la vita di una persona di colore, senza assicurazione, valesse meno di quella di una bianca. Anche se non la salvarono, tuttavia i medici di questo ospedale effettuarono molti esami, come la biopsia, per capire che cosa fosse il “nodo alla pancia”, di cui si lamentava Henrietta.
La vicenda parte proprio da questa biopsia, un prelievo di tessuto cancerogeno, il quale, dopo essere stato esaminato senza successo, venne consegnato al biologo cellulare George Gey. Quest’ultimo stava cercando ormai da tempo di far progredire la ricerca scientifica attraverso la coltura in vitro di cellule tumorali, ma non riusciva a farle riprodurre. Gey, quando provò ad utilizzare le stesse procedure con le cellule di Henrietta, vide subito che esse si riproducevano a dismisura diffondendosi rapidamente anche in tutte le altre colture presenti nel laboratorio.
L’assistente di George Gey progettò il primo trasporto aereo di queste cellule. All’arrivo esse erano miracolosamente intatte e soprattutto ancora in grado di rigenerarsi. Da questo momento cominciò il commercio delle HeLa. Le cellule in breve tempo furono inviate in tutto il mondo per essere impiegate a scopi terapeutici come per la formulazione del vaccino antipolio. Ma Henrietta Lacks aveva acconsentito all’utilizzo delle proprie cellule nel campo della ricerca scientifica? La risposta è no. Infatti quando i figli, per caso, vennero a conoscenza dell’esistenza delle cellule della loro madre e del loro commercio rimasero profondamente turbati perché, non avendo potuto ricevere alcun tipo di istruzione, credettero ingenuamente che in qualche modo lei fosse ancora viva.
In particolare la figlia minore di Henrietta, Deborah, che alla morte della madre era ancora in fasce, prese molto a cuore la vicenda tanto da trascorrere gran parte della sua vita a cercare di capire cosa fosse successo alla madre e come una parte di lei potesse essere ancora viva. Nonostante il suo triste destino Henrietta e le sue cellule sono state e continuano ad essere di fondamentale importanza per la ricerca scientifica e hanno permesso la cura di tantissime persone. Oggi la storia di Henrietta è stata raccontata in libri e film ed è stata anche istituita una fondazione che fornisce assistenza finanziaria a individui e famiglie che sono stati coinvolti in casi di ricerca storica a loro insaputa, consenso o beneficio