Sto­ria

Il Liceo “D’Azeglio” è una del­le scuo­le “sto­ri­che” di Tori­no: i suoi ini­zi risal­go­no al 1831 quan­do nel­la zona orien­ta­le del­la cit­tà, area di amplia­men­to nei pri­mi decen­ni dell’Ottocento, è isti­tui­to il Col­le­gio di Por­ta Nuo­va. Nei pri­mi anni fun­zio­na­no solo quat­tro Clas­si di gram­ma­ti­ca (ter­za, quar­ta, quin­ta, sesta); poi, a par­ti­re dal 1838–39, vie­ne aggiun­ta una Clas­se di uma­ni­tà; infi­ne, dall’anno sco­la­sti­co 1845–46, nel Col­le­gio è pos­si­bi­le com­ple­ta­re il ciclo pre­pa­ra­to­rio fre­quen­tan­do anche la Clas­se di reto­ri­ca. Nel 1852 il Col­le­gio di Por­ta Nuo­va vie­ne tra­sfe­ri­to in via Arci­ve­sco­va­do, pres­so la Par­roc­chia del­la Madon­na degli Ange­li; più tar­di, nel 1857, tro­va col­lo­ca­zio­ne in quel­la che da allo­ra è rima­sta la sua sede, con il nome di Col­le­gio Muni­ci­pa­le Mon­vi­so. A par­ti­re dal 1860 pren­de il nome di Regio Col­le­gio Mon­vi­so.

È cosa inte­res­san­te, con­sul­tan­do i regi­stri di quei lon­ta­ni anni anco­ra con­ser­va­ti nell’Archivio sto­ri­co del Liceo, riper­cor­re­re la cre­sci­ta del­la Scuo­la e i muta­men­ti per quan­to riguar­da i pro­gram­mi. Da un inse­gna­men­to qua­si esclu­si­va­men­te gram­ma­ti­ca­le e pro­fon­da­men­te imbe­vu­to di prin­ci­pi reli­gio­si (gli Stu­den­ti dei pri­mi anni dove­va­no pre­sen­ta­re bigliet­ti di con­fes­sio­ne e di comu­nio­ne per poter pro­se­gui­re gli stu­di), si pas­sa, con le leg­gi che attri­bui­sco­no il con­trol­lo sull’insegnamento alle isti­tu­zio­ni pub­bli­che (i Gin­na­si e i Licei ven­go­no asse­gna­ti ai Comu­ni nel 1848), ad un cor­so di stu­di che anti­ci­pa quel­lo dei moder­ni Gin­na­si e che si basa sull’italiano, il lati­no, il gre­co, l’aritmetica e l’algebra, la sto­ria e la geo­gra­fia, la reli­gio­ne.

Con il cre­sce­re del­la popo­la­zio­ne tori­ne­se, dopo gli anni dif­fi­ci­li del tra­sfe­ri­men­to del­la capi­ta­le a Firen­ze e a Roma, intor­no agli anni Ottan­ta si sen­te il biso­gno di crea­re un nuo­vo Liceo Clas­si­co (dopo il “Cavour” e il “Gio­ber­ti”, risa­len­ti al 1859): nel 1882 vie­ne così fon­da­to il “D’Azeglio”, inti­to­la­to al gran­de uomo poli­ti­co del Risor­gi­men­to, che com­pren­de i cin­que anni di cor­so gin­na­sia­le (gli attua­li tre anni di Scuo­la Media e i due gin­na­sia­li) e i tre del cor­so licea­le. Gli Stu­den­ti del Liceo degli anni a caval­lo tra Otto­cen­to e Nove­cen­to appar­ten­go­no, per lo più, alla bor­ghe­sia che abi­ta i palaz­zi del­la Tori­no umber­ti­na e liber­ty (la zona del­la Cro­cet­ta, il cor­so Re Umber­to,…): anche in que­sto caso l’analisi dei regi­stri per­met­te di rico­strui­re qual­co­sa di que­gli anni; met­te in evi­den­za, ad esem­pio, come l’insegnamento fos­se qua­si com­ple­ta­men­te riser­va­to ai ragaz­zi. Le ragaz­ze fre­quen­ta­va­no scuo­le fem­mi­ni­li o rice­ve­va­no una for­ma di inse­gna­men­to fami­lia­re. Del resto l’istruzione pater­na (tra­mi­te un pre­cet­to­re) era anco­ra dif­fu­sa anche tra i maschi: tal­vol­ta si fre­quen­ta­va la scuo­la pub­bli­ca solo per soste­ne­re gli esa­mi.

Al nome del “D’Azeglio” è lega­to poi un impor­tan­te fat­to spor­ti­vo: un grup­po di Stu­den­ti del­la ter­za e del­la quar­ta Clas­se del Gin­na­sio, che si ritro­va­va­no nel­la vici­na Piaz­za d’Armi per gio­ca­re a foot­ball, sport recen­te­men­te impor­ta­to dall’Inghilterra, fon­da­ro­no nel 1897 la Juven­tus, sce­glien­do una divi­sa con cami­cio­la rosa e cra­vat­ti­na nera. Nel 1900 la squa­dra affron­tò il suo pri­mo cam­pio­na­to con il nome di Sport Club Juven­tus. Nell’attuale sede del­la Juven­tus, in cor­so Gali­leo Fer­ra­ris, è con­ser­va­ta la pan­chi­na che si tro­va­va un tem­po in cor­so Re Umber­to, sul­la qua­le si sede­va­no i ragaz­zi che han­no fon­da­to la squa­dra.

 

La Scuo­la vis­se poi gli anni dif­fi­ci­li del­la guer­ra: nel cor­ri­do­io del pian­ter­re­no una lapi­de ricor­da, in un lun­go elen­co, i nomi degli Stu­den­ti cadu­ti duran­te le bat­ta­glie del­la Pri­ma Guer­ra Mon­dia­le. Il perio­do tra le due guer­re mon­dia­li, in par­ti­co­lar modo gli anni Ven­ti, costi­tui­sce l’epoca più illu­stre del­la Scuo­la: sui ban­chi e sul­le cat­te­dre dell’istituto sono pas­sa­ti mol­tis­si­mi per­so­nag­gi che han­no avu­to un ruo­lo poli­ti­co o cul­tu­ra­le di pri­mis­si­mo pia­no non solo nel­la sto­ria tori­ne­se, ma in quel­la ita­lia­na in gene­re. Tra gli Inse­gnan­ti si ricor­da­no, in modo par­ti­co­la­re:

Umber­to Cosmo
illu­stre dan­ti­sta (auto­re di un’introduzione a Dan­te che si leg­ge anco­ra oggi con pro­fit­to), libe­ro Docen­te di let­te­ra­tu­ra ita­lia­na all’Università, auto­re di una nobi­lis­si­ma let­te­ra nel 1926 (di cui la Scuo­la con­ser­va una copia) con la qua­le, costret­to ad allon­ta­nar­si dall’insegnamento per moti­vi poli­ti­ci, si con­ge­da riven­di­can­do i prin­ci­pi idea­li che l’avevano sem­pre gui­da­to; ispi­ra­to­re di una let­te­ra di soli­da­rie­tà a Bene­det­to Cro­ce che Mus­so­li­ni ave­va defi­ni­to “imbo­sca­to del­la sto­ria” per il suo discor­so di oppo­si­zio­ne ai Pat­ti Late­ra­nen­si (let­te­ra fir­ma­ta anche da Mas­si­mo Mila, Fran­co Anto­ni­cel­li, Umber­to Segre, Aldo Ber­ti­ni, Pao­lo Tre­ves, Ludo­vi­co Gey­mo­nat);

Augu­sto Mon­ti
Docen­te di ita­lia­no e lati­no nel­la sezio­ne B, auto­re di un testo di memo­rie, “I miei con­ti con la scuo­la”, in un capi­to­lo del qua­le, “Tori­no 1923–1932. Scuo­la di resi­sten­za”, rico­strui­sce il cli­ma di que­gli anni in cui il Liceo, gra­zie all’incontro di Stu­den­ti e di Docen­ti, era dive­nu­to una fuci­na di cul­tu­ra, di poli­ti­ca in sen­so alto e di natu­ra­le anti­fa­sci­smo;

 

Zino Zini
tre lau­ree (leg­ge, let­te­re e filo­so­fia), Pro­fes­so­re di filo­so­fia al “D’Azeglio”, Docen­te all’Università di Tori­no, socia­li­sta, con­si­glie­re comu­na­le dal 1906 al 1919, col­la­bo­ra­to­re de “L’Ordine nuo­vo” di Anto­nio Gram­sci;

Fran­co Anto­ni­cel­li
scrit­to­re e cri­ti­co, più vol­te sup­plen­te al “D’Azeglio” anche se pri­vo di tes­se­ra del P.N.F., anti­fa­sci­sta, pre­si­den­te nel 1945 del Comi­ta­to Pie­mon­te­se di Libe­ra­zio­ne Nazio­na­le, diret­to­re dal 1932 del­la col­la­na “Biblio­te­ca euro­pea” dell’editore Fras­si­nel­li in cui pub­bli­ca, ad esem­pio, “L’armata a caval­lo” di Babel e il “Moby Dick” di Mel­vil­le tra­dot­to da Pave­se (i volu­mi di que­sta col­la­na, con le ori­gi­na­li coper­ti­ne dise­gna­te da Mario Stu­ra­ni, Allie­vo del “D’Azeglio” e ami­co di Pave­se, da Gigi Ches­sa e da altri impor­tan­ti arti­sti, sono con­ser­va­ti nel­la biblio­te­ca del­la Scuo­la), ani­ma­to­re del­la casa edi­tri­ce “Fran­ce­sco De Sil­va” dal 1943, con i tipi del­la qua­le pub­bli­ca la pri­ma edi­zio­ne di “Se que­sto è un uomo”, rifiu­ta­ta da Einau­di (anche que­sto volu­me è pre­sen­te nel­la biblio­te­ca del­la Scuo­la).

E tra gli Stu­den­ti basti cita­re Cesa­re Pave­seGiu­lio Einau­diLeo Pestel­liMas­si­mo MilaLui­gi Fir­poVit­to­rio FoaTul­lio Pinel­liGian­car­lo Pajet­taRen­zo GiuaEma­nue­le ArtomLeo­ne Ginz­burgNor­ber­to Bob­bio, una con­cen­tra­zio­ne di gio­vi­net­ti di valo­re del tut­to fuo­ri dall’usuale (Ange­lo D’Orsi, “L’itinerario di Leo­ne Ginz­burg”), di cui sareb­be trop­po lun­go par­la­re.

 

Mol­te testi­mo­nian­ze ricor­da­no que­gli anni: la pas­sio­ne con la qua­le Mon­ti face­va vive­re i clas­si­ci, i lega­mi che si strin­ge­va­no tra gli Stu­den­ti – e tal­vol­ta anche con gli Inse­gnan­ti – desti­na­ti a dura­re al di fuo­ri del­le mura del­la Scuo­la (saba­to pome­rig­gio gli Allie­vi e gli ex-Allie­vi di Mon­ti si tro­va­va­no con il “Pro­fe” in un caf­fè di via Rat­taz­zi per discu­te­re di let­te­ra­tu­ra, filo­so­fia e cine­ma, con­ti­nuan­do quel­la “vita di cul­tu­ra” che era inco­min­cia­ta al Liceo), la sco­per­ta dei testi che segna­no la vita, maga­ri attra­ver­so la fre­quen­ta­zio­ne del­la biblio­te­ca sco­la­sti­ca (di cui era biblio­te­ca­rio il Pro­fes­sor Mon­ti), il rifiu­to di cede­re al con­for­mi­smo del regi­me. Tra i mol­ti epi­so­di di par­ti­co­la­re inte­res­se sto­ri­co, di cui si tro­va trac­cia nei ver­ba­li con­ser­va­ti dal­la Scuo­la, la vicen­da di Gian­car­lo Pajet­ta, espul­so per volon­tà del Mini­ste­ro del­la Cul­tu­ra e dell’Istruzione Popo­la­re da tut­te le scuo­le del Regno, con l’accusa di pro­pa­gan­da sov­ver­si­va. For­se la testi­mo­nian­za più com­mos­sa di quel perio­do è quel­la di Augu­sto Mon­ti, nel già cita­to capi­to­lo de “I miei con­ti con la scuo­la”:

Fu bene una fuci­na di anti­fa­sci­sti il ‘Mas­si­mo D’Azeglio’ in que­gli anni, ma non per col­pa o per meri­to di que­sto e quell’Insegnante, ma così, per effet­to dell’aria, del suo­lo, dell’ ‘ambien­te’ tori­ne­se e pie­mon­te­se. Quel Liceo era come una di quel­le case in cui ‘ci si sen­te’; dove i suc­ces­si­vi inqui­li­ni sono visi­ta­ti nel son­no – e anche da desti – dagli spi­ri­ti, dal­le ani­me.

Dopo il 1932, data dell’allontanamento di Augu­sto Mon­ti, il Liceo vive gli anni del con­sen­so domi­nan­te nei con­fron­ti del regi­me. Tra gli Stu­den­ti di que­gli anni si ricor­da­no, in par­ti­co­la­re, Pri­mo Levi, che fre­quen­ta la Scuo­la tra il 1934 e il 1937, e Fer­nan­da Piva­no, futu­ra scrit­tri­ce e tra­dut­tri­ce di let­te­ra­tu­ra anglo-ame­ri­ca­na. Per qual­che mese è sup­plen­te, nel­la Clas­se del­la Piva­no, Cesa­re Pave­se, di cui la ragaz­za diven­te­rà ami­ca e che la spin­ge­rà a tra­dur­re l’“Antologia di Spoon River” di Edgar Lee Masters. Fer­nan­da Piva­no, degli anni del “D’Azeglio”, ricor­da vari epi­so­di in “I miei qua­dri­fo­gli” (Fras­si­nel­li, 1999), tra cui l’essere sta­ta riman­da­ta in ita­lia­no, insie­me a Pri­mo Levi, nel­la ses­sio­ne esti­va degli Esa­mi di Matu­ri­tà del 1937. I due scrit­to­ri dovet­te­ro così soste­ne­re nuo­va­men­te la pro­va d’italiano nel­la ses­sio­ne autun­na­le.

Il 1938 è un anno “tra­gi­co” per la Scuo­la: in con­se­guen­za del­le leg­gi raz­zia­li ema­na­te nell’estate, nel set­tem­bre di quell’anno non ven­go­no più accol­te le iscri­zio­ni degli Stu­den­ti “di raz­za ebrai­ca”. Nei docu­men­ti con­ser­va­ti nell’Archivio si tro­va­no indi­ca­zio­ni sui regi­stri “rifiu­ta­ta l’iscrizione per­ché di raz­za ebrai­ca” e un ver­ba­le di una riu­nio­ne del Con­si­glio dei Pro­fes­so­ri nel cor­so del­la qua­le si sosti­tui­sco­no i libri di “auto­ri ebrai­ci” con altri di “auto­ri aria­ni”: ven­go­no così “espul­si” dal­la Scuo­la testi come la “Sto­ria del­la let­te­ra­tu­ra ita­lia­na” di Atti­lio Momi­glia­no. Qual­che mese pri­ma del­la fir­ma del­le leg­gi raz­zia­li da par­te del re Vit­to­rio Ema­nue­le III, nel­la Scuo­la era avve­nu­to un epi­so­dio che ave­va scos­so le auto­ri­tà sco­la­sti­che tori­ne­si: sul­la pare­te di un bagno del Liceo era com­par­sa una scrit­ta “Viva Sta­lin. Abbas­so Hitler”: dopo un’indagine inter­na, si era giun­ti all’identificazione del respon­sa­bi­le, il gio­va­ne Gui­do Fubi­ni, che, sot­to­po­sto ad un vero pro­ces­so da par­te del Pre­si­de, nel cor­so del qua­le soster­rà di aver scrit­to quel­le paro­le in con­se­guen­za dei col­lo­qui avu­ti con un com­pa­gno, un gio­va­ne ebreo tede­sco rifu­gia­to­si in Ita­lia, sarà allon­ta­na­to da tut­te le scuo­le del Regno, per l’anno 1936–1937. Il padre lo iscri­ve­rà l’anno suc­ces­si­vo ad un Liceo di Niz­za, qua­si pre­sa­gen­do quel­la che di lì a poco sareb­be diven­ta­ta una neces­si­tà.

Negli anni del­la guer­ra la sto­ria del Liceo non è segna­ta da gran­di avve­ni­men­ti: con la rifor­ma Bot­tai del 1940 vie­ne isti­tui­ta la Scuo­la Media e quin­di il Gin­na­sio-Liceo per­de i suoi pri­mi tre anni di cor­so, assu­men­do la strut­tu­ra attua­le (IV e V gin­na­sia­le; I, II e III licea­le). Sono gli ex-Stu­den­ti del Liceo a scri­ve­re pagi­ne memo­ra­bi­li di sto­ria:

Ren­zo Giua cade nel­la guer­ra di Spa­gna a ven­ti­quat­tro anni in Estre­ma­du­ra, il 17 feb­bra­io 1938, com­bat­ten­do in testa al II bat­ta­glio­ne del­la XII Bri­ga­ta Gari­bal­di;

Leo­ne Ginz­burg, ani­ma­to­re del­la Resi­sten­za a Roma, vie­ne cat­tu­ra­to dai nazi­fa­sci­sti e muo­re il 5 feb­bra­io 1944 a Regi­na Coe­li in segui­to alle tor­tu­re subi­te;

Ema­nue­le Artom, par­ti­gia­no, è ucci­so dopo esse­re sta­to cat­tu­ra­to nel 1944 duran­te un rastrel­la­men­to nel­le Val­li Val­de­si;

Pri­mo Levi vie­ne cat­tu­ra­to il 13 dicem­bre del 1943 con due com­pa­gni par­ti­gia­ni a Brus­son, in Val d’Aosta, e sarà depor­ta­to, per­ché ebreo, ad Ausch­wi­tz. E dal­la tra­gi­ca espe­rien­za di Pri­mo Levi nasce uno dei capo­la­vo­ri del­la let­te­ra­tu­ra ita­lia­na di tut­ti i tem­pi, “Se que­sto è un uomo”: in un capi­to­lo famo­so del libro, “Il can­to di Ulis­se”, Levi ricor­da di aver cer­ca­to di inse­gna­re l’italiano a Jean, un suo com­pa­gno di lager, reci­tan­do e tra­du­cen­do il can­to XXVI dell’ “Infer­no” dan­te­sco. La famo­sa “ora­zion pic­cio­la” “Fat­ti non foste a viver come bru­ti, / Ma per seguir vir­tu­te e cano­scen­za”, stu­dia­ta una vol­ta a scuo­la (l’Insegnante di ita­lia­no di Pri­mo, Aze­lia Ari­ci, in una sua testi­mo­nian­za ricor­da come la let­tu­ra del can­to di Ulis­se aves­se, in que­gli anni, un par­ti­co­la­re valo­re “civi­le”), diven­ta per Levi emble­ma­ti­ca, nel­la bestia­li­tà del lager, del­la digni­tà e del­la gran­dez­za dell’uomo in una con­di­zio­ne di bru­ta­le annien­ta­men­to.

Testi­mo­nian­ze del cli­ma di guer­ra civi­le dell’ultima fase del­la guer­ra sono la sto­ria di Mari­le­na Grill, Stu­den­tes­sa gin­na­sia­le, che, arruo­la­ta­si nel­le ausi­lia­rie del­la Repub­bli­ca Socia­le, vie­ne ucci­sa nel­le gior­na­te del­la Libe­ra­zio­ne, e il ten­ta­ti­vo del Pre­si­de di quei gior­ni, il Pro­fes­sor Giu­sep­pe Cor­ra­di, di impe­di­re, chiu­den­do il por­to­ne e ponen­do­si a guar­dia di esso, che Stu­den­ti e Inse­gnan­ti uscis­se­ro dal­la Scuo­la ade­ren­do allo scio­pe­ro insur­re­zio­na­le del 18 apri­le 1945. Nel dopo­guer­ra il “D’Azeglio” è sta­to la Scuo­la dei ram­pol­li dell’aristocrazia tori­ne­se e di quel­li del­la bor­ghe­sia (ma il gior­na­li­sta e scrit­to­re Vit­to­rio Mes­so­ri, anche lui Allie­vo del “D’Azeglio”, rac­con­ta in “Il miste­ro di Tori­no”, Mon­da­do­ri, 2004, di non esser­si mai sen­ti­to “da meno”, nono­stan­te le sue ori­gi­ni “umi­li”, rispet­to ai suoi com­pa­gni più agia­ti, memo­ri que­sti, for­se, che è impe­ra­ti­vo tori­ne­se “cela­re piut­to­sto che esi­bi­re”), di Pie­ro Ange­la, di per­so­nag­gi del­la cul­tu­ra e del­lo spet­ta­co­lo. “Il ‘D’Azeglio’ non smen­ti­va la sua fama di viva­io di una Tori­no che alle­va­va inge­gni, per poi, trop­po spes­so, ceder­li ad altre cit­tà. Ma il mar­chio subal­pi­no era già sta­to impres­so, inde­le­bi­le”. (V. Mes­so­ri, cit.)

La vita del “D’Azeglio”, pro­fon­da­men­te lega­ta alla cul­tu­ra tori­ne­se e ita­lia­na e ai muta­men­ti del­la socie­tà, ne ha rispec­chia­to i momen­ti di cri­si e gli slan­ci, le dif­fi­col­tà e gli entu­sia­smi. Il Liceo è cre­sciu­to, a par­ti­re dagli anni Ses­san­ta, fino a supe­ra­re il miglia­io di Allie­vi, cosa che ha por­ta­to a costrui­re una nuo­va ala all’edificio e, per qual­che anno, ad ave­re una suc­cur­sa­le.

Il baci­no d’utenza si è amplia­to fino a com­pren­de­re la pri­ma cin­tu­ra tori­ne­se e alcu­ne loca­li­tà più lon­ta­ne, ben ser­vi­te dai mez­zi pub­bli­ci. Da Scuo­la per pochi Allie­vi, sele­zio­na­ti dal cen­so o da doti par­ti­co­la­ri, il Liceo si è tra­sfor­ma­to in una Scuo­la che, pur non dimen­ti­ca del­la tra­di­zio­ne, sa guar­da­re al nuo­vo in una plu­ra­li­tà di pro­spet­ti­ve.

Nel­le aule del “D’Azeglio” si sono for­ma­ti espo­nen­ti del­la cul­tu­ra lai­ca, come Nor­ber­to Bob­bio, e di quel­la cat­to­li­ca, dal car­di­na­le Ago­sti­no Richel­my (Stu­den­te dal 1860 al 1862) al già cita­to Vit­to­rio Mes­so­ri, ai filo­so­fi Augu­sto Del Noce e Roc­co But­ti­glio­ne; del­la cul­tu­ra socia­li­sta e comu­ni­sta, basti ricor­da­re Gian­car­lo Pajet­ta, e di quel­la libe­ra­le, come Lui­gi Fir­po; del­la cul­tu­ra regio­na­le, da Vit­to­rio Ber­se­zio auto­re del­la com­me­dia “Le mise­rie ‘d mon­sù Tra­vet” a Gia­co­mo Noven­ta auto­re di testi poe­ti­ci in “lin­gua vene­zia­na”, a quel­la euro­pea e mon­dia­le, gra­zie alle tra­du­zio­ni dall’anglo-americano di Pave­se e del­la Piva­no o dal rus­so di Leo­ne Ginz­burg; e poi Pro­fes­so­ri uni­ver­si­ta­ri di tut­te le disci­pli­ne (eco­no­mi­sti come Mario ed Enri­co Dea­glio, giu­ri­sti come Pao­lo Mon­ta­len­ti o Gian Savi­no Pene Vida­ri, poli­to­lo­gi come Lucio Levi, sto­ri­ci come Ser­gio Pisto­ne, sto­ri­ci del tea­tro come Rober­to Alon­ge, l’italianista Car­lo Osso­la – attual­men­te Pro­fes­so­re al Col­lè­ge de Fran­ce – per non cita­re che alcu­ni Docen­ti dell’Università di Tori­no), il pre­mio Nobel per la medi­ci­na Sal­va­to­re Luria, il bea­to Pier­gior­gio Fras­sa­ti.

Nel 1975, con i Decre­ti Dele­ga­ti che intro­du­co­no nel­la isti­tu­zio­ni sco­la­sti­che for­me di par­te­ci­pa­zio­ne di Stu­den­ti e Geni­to­ri, divie­ne pri­mo pre­si­den­te del Con­si­glio d’Istituto Pri­mo Levi, in un momen­to in cui la Scuo­la è for­te­men­te scos­sa da un cli­ma di con­te­sta­zio­ne: una del­le pri­me deci­sio­ni del Con­si­glio d’Istituto, rin­no­van­do “l’impegno anti­fa­sci­sta del Liceo, sem­pre distin­to­si, anche duran­te la dit­ta­tu­ra, per la fer­ma posi­zio­ne demo­cra­ti­ca dei suoi Inse­gnan­ti e dei suoi Stu­den­ti”, è quel­la di ricor­da­re uffi­cial­men­te il 25 apri­le con un’assemblea aper­ta sul tema “Resi­sten­za ieri e oggi”, “denun­cian­do il gra­ve cli­ma di ten­sio­ne crea­to in tut­ta la nazio­ne da pro­vo­ca­to­ri col­le­ga­ti alla stra­te­gia del­la ten­sio­ne.”

Oggi più che mai il “D’Azeglio”, nel­la pro­spet­ti­va di una scuo­la sem­pre al pas­so coi tem­pi, si pre­sen­ta come il Liceo che, non dimen­ti­co dei valo­ri del­la cul­tu­ra clas­si­ca e civi­le su cui fon­da le pro­prie radi­ci (i “fan­ta­smi” non ces­sa­no di riven­di­ca­re i pro­pri dirit­ti), sa guar­da­re al nuo­vo in tut­ti i suoi aspet­ti, in una pro­spet­ti­va tori­ne­se, ita­lia­na, euro­pea.

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